IL POSSESSO PALLA: UN CONTRIBUTO AL DIBATTITO.

Il recente dibattito sul possesso palla ha risvegliato punti di vista tra loro diversi, che tuttavia potrebbero avere qualche punto di contatto.

Dopo il confronto Caressa – Bucciantini, le posizioni del secondo sono state riprese e argomentate da Filippo nel post di qualche giorno fa. Un ragionamento che personalmente ho apprezzato e da cui ho imparato molto. Tuttavia, pur comprendendo le opinioni di Filippo e l’ulteriore commento di Alessio, la mia posizione è più vicina a quella espressa da Fabio Caressa.

Non sono un esperto di calcio giovanile, anzi: la sola cosa che constato è quanto sia difficile per un ragazzo che pure arriva a buoni risultati in Primavera fare l’ultimo scalino verso il “calcio dei grandi”.

Sui social – almeno sulle pagine che seguo io! – spesso inciampo in fotografie di qualche Torneo di Viareggio o finale scudetto giovanile di qualche tempo fa, ed è sintomatico che la maggior parte dei ragazzi raffigurati a noi tifosi risultino sconosciuti.

Che il tema della formazione nel calcio sia articolato e complesso è quindi sotto gli occhi di tutti, e in questo Filippo ha tanto da dire, avendo fatto tanto per molti anni.

Dal basso della mia conoscenza, e consapevole di banalizzare un concetto che non è così semplice, è giusto insegnare ai ragazzi un calcio propositivo, di possesso, spingerli ad avere il controllo del gioco. Prepararli alla situazione più difficile da replicare sul campo.

Se mi alleno a suonare Jimi Hendrix, e poi sul palco del concerto mi chiedono La Canzone del Sole di Battisti, tanto meglio: sarò comunque preparato. Fare il contrario sarebbe più problematico.

Arrivato però “al concerto”, e cioè al calcio professionistico, la mia opinione inizia a divergere dall’idea monolitica del bel giuoco. Dubito ci siano allenatori che scelgano scientemente di “giocare male” (ci sarebbe poi da intendersi su cosa voglia dire “giocare male”); piuttosto, e andando avanti con la metafora musicale, ritengo che durante la carriera di un musicista ci saranno serate in cui potrà liberare i suoi virtuosismi con tanto di chitarra suonata dietro la testa e braccia a mulinellare le corde, ed altre in cui il pubblico, il contesto o il suo stesso momento di forma gli faranno preferire il tranquillo La-Mi-Re-Mi della Canzone del Sole. 

Cerco di essere più diretto: quel che contesto è proprio la correlazione diretta tra percentuale di possesso palla puro e semplice e possibilità di vincere una partita.

Spesso, alla domanda con cui ci viene chiesto se preferiamo una cosa o un’altra, la risposta migliore è: “dipende”. Questo è uno di quei casi.

Dobbiamo intenderci e capire cosa significa per noi “possesso palla”: vuol dire andare a giocare dove voglio? Sfruttare i miei punti di forza e mettere in difficoltà il mio avversario? Bene, tutti d’accordo: in questo sposo al 100% la posizione di Filippo.

Ma se invece è il mio avversario a schierarsi in maniera tale da non permettermi di essere pericoloso, se è lui a costringermi a giochicchiare tra portiere e giro palla difensivo, senza creare azioni da gol, ecco che allora la situazione cambia.

L’ultimo esempio è vecchio solo di qualche giorno: la Lazio di Sarri vince al San Paolo con pieno merito. Non mi interessa nemmeno il fatto che il suo possesso palla – così come calcolato – abbia sfiorato il 40%. Non è questo il punto.

Sarri – giustamente lodato per come fa giocare le sue squadre e ancora oggi applaudito a Napoli dallo stesso Spalletti come esempio di “bello” – ha fatto la partita che ha preparato: ha atteso i primi in classifica e ne ha impedito le spettacolari accelerazioni a cui ci hanno abituati per tutta la stagione.

Sarri ha rinnegato il suo calcio di palleggio? No, ha capito cosa serviva in quella partita per vincere e, proprio in quanto allenatore preparato che ha “studiato tutto il manuale”, ha scelto la versione della sua squadra più adatta a fronteggiare Osimhen e compagni.

Sono interista, e nei tristi anni dell’Inter di Mazzarri i nerazzurri per diversi mesi hanno avuto una percentuale di possesso palla superiore a tutte le altre squadre, pur languendo in quella che per noi boomers è ancora oggi la “Zona Uefa”. Un’Inter senza grandi nomi – era the last dance degli argentini – e nemmeno grandi idee: si teneva palla nella nostra metà campo, sperando che il Palacio di turno o un Guarin in estemporanea giornata buona riuscissero a combinare qualcosa.

Non sono uno statistico, ma sono tanti i casi in cui le partite vengono vinte da chi ha un possesso palla inferiore rispetto agli avversari.

Ecco dove sono d’accordo con Caressa – e non capita spesso: quello è un dato che, da solo, non dice granché.

È invece più interessante capire dove viene fatto il possesso palla: rumino passaggi a due all’ora tra portiere e terzino perché non so cosa fare o sono stabilmente nella trequarti avversaria a cercare il pertugio per arrivare al gol? A parità di passaggi fatti, fa tutta la differenza del mondo.

Ancor di più: mi interessa capire che tipo di partita vuole fare l’allenatore. E che l’allenatore sappia cosa può chiedere ai propri giocatori. Ho la squadra che mi permette di fare un calcio palleggiato o di possesso? O il mediano macchinoso e il trequartista svogliato rischiano di perdere palloni sanguinosi?

Sono anni in cui la costruzione dal basso viene alternativamente celebrata o demonizzata. Anche in questo caso, la risposta è solo una a mio parere: devi saperla fare. Ha indubbiamente dei vantaggi, ma comporta rischi che devi saperti assumere.

Per riassumere, la mia idea di calcio è che… non esista un solo modo di giocare. I giocatori a disposizione e gli avversari sono variabili che non possono essere ignorate. Certo che devo essere sicuro dei miei punti di forza e cercare di utilizzarli quanto più possibile, ma non può esistere un solo modo di intendere la partita.

Arrivo al paradosso: contro una squadra che gioca a pressarti nella tua trequarti, una soluzione può essere quella di lasciare per scelta il pallone a loro, rendendo quel possesso palla sterile e cercando di colpire in velocità nei pochi sprazzi in cui sei tu ad avere il pallone.

Diceva un certo allenatore: “Io la squadra in campo la metto bene. Ma poi loro si muovono…”

BIO: Mario Rucano (Milano, 1973), di madre inglese e padre italiano, ha passato l’adolescenza a chiedersi se avrebbe preferito giocare per gli Azzurri o per i Tre Leoni. Probabilmente questa indecisione gli è costata la convocazione in Nazionale. Dopo una prima vita da cooperante e una seconda da uomo di azienda, negli ultimi anni scrive di calcio e responsabilità sociale.

Con Urbone Publishing nel 2021 ha pubblicato ‘È Complotto – Considerazioni di uno Psicolabile Interista

4 risposte

  1. POSSESSO PALLA…..MI FA IMPAZZIRE IL POSSESSO PALLA È QUELLO IL CALCIO VERO MI RICORDO UN MILAN CON I VARI RUI COSTA SEEDORF PIRLO KAKA TUTTI A CENTROCAMMO MAMMA MIA QUANTA QUALITÀ.

  2. Il mio pensiero è cosa si intende per possesso. Per me se la palla fraseggia tra portiere terzini portiere altro terzino senza proporre, per me è più un mantenimento palla. E quindi non lo metterei nelle percentuali del possesso. Qualora in possesso palla , produco una situazione pericolosa , di padronanza allora posso considerarlo. È solo una mia piccola opinione . Grazie per l’attenzione.

    1. Perdonami Claudio ma il principale scopo per cui voglio avere la palla è perchè mi consente di fare goal poi c’è l’aspetto legato ad una modalità difensiva (come dice Giuseppe Squeo) infine il pensiero che io mi diverta se ho la palla nei piedi e provi ad essere protagonista del mio destino.

  3. Prendo spunto da Butricchi per dire che il “possesso palla” di per se non dice molto. Io accompagnerei la dizione “possesso palla” con un aggettivo: difensivo (se io ho la palla gli altri non possono segnare); tattico (giro la palla dietro per far avanzare la linea avversaria e colpirli in contropiede); di preparazione (la vecchia Olanda, il Brasile 1982 e forse la Roma di Lieldholm) che giravano palla per, poi, colpire improvvisamente.

    Indubbiamente è un’ottima tecnica di gioco, ma come dice Miscio è bello vederlo quando lo fanno i grandi giocatori tecnici.

    Ma come dice una regola del marketing “dietro una minaccia c’è sempre un’occasione” ed il contrario.

    Quindi, un avversario astuto può ribaltare contro gli effetti del possesso palla. Ma ancora una volta bisogna vedere la qualità dei calciatori, in un senso e nell’altro.

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