L’IA (INTELLIGENZA ARTIFICIALE) E IL GIOCO DEL CALCIO.

L’Intelligenza Artificiale (IA) non è intelligente e non vuole esserlo.

Il potere delle parole di indicarci una traiettoria di ragionamento ha avuto la meglio: quando parliamo di IA immaginiamo tutti un matrimonio tecnologico tra le macchine e l’intelligenza.  Non è così.

L’IA non è matrimonio ma è un divorzio.  Un divorzio tra l’essere intelligenti e la necessità di esserlo per raggiungere uno scopo (soluzione di un problema).

L’IA non vuole riprodurre il pensiero umano, al contrario intende avere capacità di agire in vista di un fine senza la necessità di un pensiero. Come l’uomo di Neanderthal.

Questo a noi, esseri analogici, con un pensiero analogico, attorniati da un mondo naturale analogico, pare non possibile da realizzare e ne consegue che, vittime di un bias cognitivo logico, attribuiamo agli strumenti capaci di soluzioni veloci la capacità di pensiero o, addirittura, una forma di intelligenza.

Arriviamo ad immaginare una forma di intelligenza nei robot, dimenticando che il “quid” non sta nella capacità di agire in vista di un fine, ma nella capacità di leggere e percepire il contesto nel quale ci si sta muovendo.

Il robot è intelligente, ma solo se gli costruiamo intorno un ambiente nel quale muoversi fatto su misura per lui. Noi, non saremo perfetti, ma siamo capaci di muoverci in qualunque ambiente circostante. Camminando per strada sappiamo riconoscere se la persona che agita le braccia dall’altra parte della strada ci sta salutando o ci sta chiedendo aiuto. Anche a fronte della stessa identica meccanica del gesto.

L’ IA ha una dimensione “riproduttiva”, non “cognitiva”: è la sua proprietà primaria.

E’ efficiente proprio perché il suo agire è separato dall’intelligenza, non gli interessa che l’agente o il suo comportamento sia intelligente, gli interessa raggiungere uno scopo. Se per riconoscere l’immagine di un gatto le è richiesto, in tempo reale, di scansionare milioni di immagini di gatto, all’ IA non interessa: processa milioni di immagini e riconosce il gatto grazie una potenza di calcolo inimmaginabile fino a pochi anni fa.

L’ IA è potenza di calcolo e non capacità di discernere.

Qui si inserisce la distinzione tra problemi difficili e problemi complessi (da non confondersi con il contrario di “facili”).

E’ simpatico ed eloquente ricordare che ad oggi risulti impossibile l’automazione di un gesto che noi impariamo da bambini: allacciarsi le scarpe.

Allacciarsi le scarpe è un gesto facile (per un umano) ma complesso. Proviamo a descrivere passo dopo passo tutte le operazioni che facciamo con le dita, le braccia e il corpo nell’allacciarci le scarpe: non ci riusciamo. Se qualcuno pensa di avere la soluzione si rivolga immediatamente alla Nike: lo accoglieranno a braccia aperte.

Per quanto sopra interpretare nella sua essenza i fenomeni che accadono dentro una partita di calcio o leggere le variabili che portano alla scelta che il calciatore adotta in quel preciso frame non è possibile. Fatto salvo non si ipotizzi che la nostra mente funzioni come l ‘IA nel riconoscere l’immagine del gatto.

Non è questione di algoritmi. Non è questione di capacità di calcolo. E’ questione di “relazione” con l’ambiente in quel preciso istante: ogni istante è unico nelle caratteristiche ed irripetibile nella stessa identica forma.

L’ambiente circostante definito come presupposto dell’agire.

Il calcio, una partita di calcio, è una biblioteca infinita ed in continuo mutamento di “relazioni” in uno scambio continuo tra causa ed effetto. L’ambiente come un caleidoscopio.

L’ IA ci potrà parlare di cosa è accaduto, quando è accaduto e statisticamente quante volte è accaduto. L’ IA potrà indagare un’azione di gioco e scansionarla nelle pieghe più segrete ed inarrivabili.

Tuttavia le risulterà impossibile riconoscere quel gatto la cui immagine ancora non esiste ed il magnetismo del calcio sta proprio in questo: ogni attimo un nuovo gatto prende forma e un altro si dissolve. Ogni attimo milioni di gatti prendono forma e milioni si dissolvono.

Siamo esser imperfetti, ma il predicato infinito “intelligere” ci appartiene. Non ci serve scansionare milioni di immagini per riconoscere il gatto, perché quelle immagini nascono da noi. Sono creazioni del nostro intelletto.

In campo, non ci serve scansionare tutte le forme geometriche studiate sui banchi di scuola per riconoscerle, perché la geometria della forma nasce nella percezione del calciatore stesso.

Il campo, continuamente, crea codici indecifrabili ed algoritmi anarchici, irrisolvibili per chi vanta la sola “capacità di agire in vista di un fine”.

Tutto questo avviene in ogni istante di gara.  In ogni istante nel quale parliamo, studiamo, guardiamo, giochiamo… di calcio. Mi piace pensare che tutto questo si crei anche in ogni istante nel quale, intimamente, sogniamo di calcio e con il calcio.

L’ IA sarà sempre più efficiente nel processare informazioni e ricercare soluzioni date, ma al calciatore resta un primato irraggiungibile: la sua capacità di leggere scenari non codificabili ed immaginare soluzioni inaspettate.

BIO: ALESSANDRO MELLI

  • Nato e cresciuto a Modena, terra di passioni, di bel canto e di motori.
  • Consulente aziendale in tema di Finanza Agevolata.
  • Lettore appassionato, preferisce i saggi ai romanzi.
  • Avrebbe voluto fare in Calciatore, ma (come lui dice) non ne aveva le qualità.
  • Avrebbe voluto fare il Giornalista, ma (come dice lui) non ne ha avuto la determinazione.
  • Allenatore UEFA B, Responsabile Sett. Giovanile, ha frequentato il mondo dei professionisti con incarichi di DS Sett. Giovanile e di Osservatore Squadre Primavera.
  • “Nel calcio, come in natura, scomporre significa perdere le proprietà che emergono dalla relazione tra le parti stesse” ama ripetere.

3 risposte

  1. Nella seconda metà degli anni novanta, mi sono occupato di intelligenza artificiale e reti neurali, poichè veniva evidenziata questa frontiera. Ovviamente, non essendo un ingegnere elettronico (ho fatto un po’ di programmazione), mi sono limitato a comprendere per grosse accettate l’evoluzione in parola.

    Ciò che tu dici è vero, sicuramente l’elaboratore elettronico è estremamente veloce, ma ragiona secondo i limiti del software immesso.

    Chiedendo spiegazioni ad esperti, questi molto semplicemente mi spiegarono che la novità dell’epoca era quella di far operare la macchina, in una logica di esperenzialità crescente in funzione delle nuove informazioni man mano immesse immesse.

    Ad esempio, tra due punti passa una retta, per cui con due sole osservazioni l’IA ti risponde retta. Man mano che aumentano le osservazioni si arricchisce la base dati e, ignorando la decisione precedente, come tu dici correttamente, riconosce, in base alla minimizzazione degli scarti, la funzione geometrica più idonemente rappresentativa dai dati immessi.

    Questo, all’epoca, era già un gran passo in avanti, nell’immettere nell’elaboratore la “funzione esperenziale”.

    Non dico che la IA possa raggiungere un domani i nostri livelli di intelligenza, soprattutto come evidenzi tu in termini di elasticità di pensiero e contenimento degli spazi fisici operativi, ma in tal senso i programmi si fanno sempre più sofisticati.

    Poi, l’altro segmento importante è quello dello sviluppo del computer in termini di hardware, costruiti in base alla logica quantistica, che non solo moltiplicherebbe la velocità attuale ma consentirebbe contemporaneità di più operazioni.

    Questo permetterebbe di migliorare la possibilità di immettere più programmi da far girare contemporaneamente a velocità più elevate.

    Convengo, comunque con te, che al momento (e forse neanche domani), il computer non può sedere in panchina a guidare una squadre e nè tanto meno stare al posto del calciatore in campo.

    Ovviamente, non sono un esperto di IA ma, come detto, per lavoro mi sono imbattuto con la logica neurale (esperenziale) e un decennio fa mi sono interessato alla quantistica, non nelle applicazioni matematiche ma solo nella minimale comprensione delle sue stranezze.

    Io, comunque, ho paura di queste evoluzioni tecnologiche, soprattutto se applicate agli armamenti. Immagina cosa possono fare oggi i droni abbinati ad una guida satellitare, in termini di invisibilità e di massima precisione nel colpire un obiettivo fisso.

    Bella la citazione nella tua biografia “Nel calcio, come in natura, scomporre significa perdere le proprietà che emergono dalla relazione tra le parti stesse”.

    Concordo con te, infatti, nella mia logica, per favorire la evidenziazione delle relazioni tra le variabili, da cui dedurre “le proprietà”, uso sempre la “logica matriciale”, ovvero costruisco un matrice in cui colloco le varie osservazioni in funzione delle variabili adottate, normalmente questo sistema funziona, a prescindere a cosa venga applicato.

    Un saluto.

  2. Un articolo preziosissimo. Complimenti vivissimi a Alessandro Melli. Una disamina che mi ha convinto di quello che pensavo. Si possono fare mille ragionamenti e calcoli statistici su una partita di calcio . Ma solo dopo. Nel frattempo tutto è per fortuna ancora indecifrabile!

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