L’ALLENATORE: ELEMENTO FONDAMENTALE DELL’AMBIENTE DI APPRENDIMENTO.

Parafrasando Daniel Pennac, “i giocatori sono enigmi luminosi”, come i bambini, essi sono luce, genialità, talento, entusiasmo, ma sono anche dubbio e generano domande che esigono risposte efficaci, tenendo conto della loro vulnerabilità emozionale e delle loro potenzialità.

Per quel che riguarda le teorie dell’apprendimento, la comunità scientifica ha da tempo formulato e sostenuto l’ipotesi che l’ambiente non conti meno della dotazione innata. Se passiamo all’ambito sportivo, bisognerebbe dapprima prendere coscienza di quanto sia preponderante la componente congenita nel definire le abilità di un giocatore, per poi evitare di scontrarsi con chi sostiene l’impatto prevalente dell’ambiente.

La tecnica individuale, la creatività sono innate, il ruolo co-costruttivo dell’ambiente (dell’allenatore quindi, come parte dell’ambiente) è riconosciuto come elemento determinante. Sta all’allenatore far si che il giocatore esprima le sue abilità, le migliori e possa creare adattamenti incoscienti vivendo le esperienze del Gioco. Il vero maestro è il Gioco.

Se tutto fosse solo innato però, bisognerebbe dire “Addio” all’unicità del giocatore. Ma se già nei primi anni di vita, in un bambino, inizia una potatura neurone che determina l’unicità della potenza del nostro pensiero, quello che realmente fa la differenza sono le nuove gemmazioni, le nuove connessioni, che si modificano costantemente secondo le informazioni che riceviamo. Questo avviene già da quando siamo nella pancia della mamma.

Ricordo che quando mio figlio pronunciò le sua prime parole rimasi sconcertato. Iniziò a parlare tardi, ma la sorpresa sopraggiunse quando, rivolgendosi a me, che gli parlavo solo in italiano, lo fece pronunciando parole in portoghese: papai, agua, leite.

Noi adulti pensiamo che il bambino inizi a parlare tutto d’un tratto. Ma il processo di apprendimento comincia con i primi mesi di vita, con le intime conversazioni con la mamma (in portoghese nel mio caso). Quando i bambini iniziano a parlare non sbloccano solo

un’abilità tecnica, la loro capacità di pronuncia, ma conoscono da quel giorno il significato delle parole.

Vale per i giocatori allo stesso modo. Il Gioco permette loro di sbloccare un’abilità tecnica, di esprimere tutto quello che è innato. L’allenatore dovrebbe solo lasciare che loro ne comprendano il significato, mettendoli dentro contesti di Gioco reale manipolato, per far si che poi incontrino nuove informazioni e stimoli innumerevoli. I contesti riesce a crearli e manipolarli solo chi li disegna non usando mai la matita, perché cancellare significherebbe accettare l’esistenza della finzione.

Pensate che ogni volta che la palla rotolando, compie un giro su stessa, occupando un altro spazio, creando nuova luce e nuove potenziali connessioni, diminuendo alcune distanze e aumentandone delle altre, genera informazioni e stimoli nuovi, decuplicate, centuplicate, modificando percezioni, adattamenti, comportamenti. Dopo questo pensiero, immaginate di poter risolvere ogni situazione nuova creata da un giro della palla, solo ed esclusivamente ripetendo movimenti (ri)generati, senza avversari e senza l’obiettivo di primeggiare in una competizione secondo le regole del Gioco. Sarebbe come essere certi di fischiettare bene al mattino, solo per aver fatto colazione con i Flauti del Mulino Bianco.

In risposta alle informazioni che riceveranno dall’ambiente o che invieranno in esso, i giocatori costruiranno nuove connessioni in base a ciò di cui fanno esperienza, ascoltano, alle persone che incontrano, quelle contro cui competono e a fianco di cui competono, in base alle emozioni che provano e a quello che sentono. In ogni istante decideranno se rimanere attaccati alle loro convinzioni oppure modificare il loro cammino.

Se l’allenatore individuasse il punto di innesco per accedere il fuoco del desiderio, e il giocatore fosse predisposto a ricevere informazioni e stimoli, sarebbe possibile ottenere il massimo potenziale per ogni qualità e stabilizzarlo nel risultato e nei comportamenti individuali e collettivi.

Il loro potere creativo sarebbe salvaguardato.

BIO: Massimiliano Bellarte

  • Nato a Ruvo di Puglia il 30 novembre 1977, ha assunto la guida della Nazionale il 15 settembre 2020 dopo un’esperienza ventennale da tecnico sulle panchine di Ruvo, Modugno, Acqua e Sapone, con cui nel 2014 ha vinto una Coppa Italia e una Supercoppa italiana, e Real Rieti.
  • Nel 2017 ha guidato i belgi dell’Halle-Gooik, conquistando scudetto, Supercoppa di Belgio e Coppa del Benelux e venendo eletto dalla federazione belga miglior allenatore dell’anno. Per lui anche un’esperienza nel futsal femminile con il Salinis, suggellata dallo scudetto vinto nella stagione 2018/2019.
  • È anche il tecnico della Nazionale azzurra di futsal Under 19.
  • Massimiliano ha studiato lingue e parla inglese, portoghese, spagnolo e francese. Ha frequentato Sociologia all’ Universita’ La Sapienza di Roma.

2 risposte

  1. Solo attraverso la libera interazione con l’ambiente, il giocatore scopre sé stesso e l’ambiente, sfruttando il proprio potere creativo per raggiungere obiettivi ben precisi.
    Il gioco è quel maestro che infonde obiettivo e libertà in grado di accendere il potere creativo ed adattivo del giocatore.
    L’allenatore è colui che riesce a stabilire quale gioco sia più utile alla crescita della squadra, dei giocatori, al fine di raggiungere i risultati prefissati.
    L’allenatore non deve mai pensare che i risultati dell’apprendimento possano essere visibili durante l’apprendimento stesso. Ciò che mister Bellarte ha raccontato di suo figlio è stato enunciato un pò di tempo fa da Maria Montessori.
    Grazie per il contenuto ricco di spunti interessanti.

  2. Bhe! Ogni volta che leggo qualcosa di tuo, finisco con l’aprire tutta una serie di porte, pronte ad essere aperte per continuare ad esplorare. Grazie Max.

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