Sono passati oramai più di cinque anni da quando, nel tentativo di rianimare il calcio italiano all’esito della mancata qualificazione alla coppa del mondo 2018, la Federcalcio (in quel momento commissariata) emanava il bando di iscrizione al campionato di serie C, o Lega Pro secondo la nomenclatura del tempo, per le società di serie A che intendessero costituire la cosidetta “seconda squadra”, una compagine formata da tesserati di età inferiore ai 23 anni da iscrivere al campionato di terza serie.
All’epoca in pochi immaginavano che alla mancata qualificazione al mondiale russo, che giungeva a seguito di due edizioni del campionato del mondo che avevano visto l’Italia eliminata al primo turno, facesse seguito una vittoria al campionato europeo e un’ulteriore esclusione dal campionato del mondo 2022.
Questo per significare come il risultato sportivo, per quanto elemento importante e vitale della competizione agonistica, non possa esser preso quale unico e reale parametro di un intero movimento in considerazione delle molte variabili che, di volta in volta, lo contraddistinguono.
Fatta questa doverosa premessa, dodici anni senza mondiale rappresentano un rospo amaro da ingoiare per gli sportivi italiani.
L’intento di promuovere lo sviluppo dei settori giovanili, tuttavia, deve essere sempre e comunque alla base del percorso di formazione che, ci si auspica, permetta ad un numero sempre maggiore di calciatori di risultare eleggibili per le rappresentative nazionali.
Come anticipato, il bando per l’adesione al “progetto seconda squadra” è stato indetto nel 2018 per volontà della FIGC dopo una proficua concertazione con i rappresentanti della Lega Pro.
Il subcommissario straordinario FIGC Alessandro Costacurta e il Presidente della Lega Pro Ghirelli (con l’ausilio del suo vice del tempo, l’avvocato Jacopo Tognon) hanno avuto il merito di strutturare i criteri di ammissione in tempi relativamente celeri.
Si è cercato, per quanto possibile, di seguire il modello spagnolo che da anni funge da “serbatoio” per le prime squadre.
Sull’importanza per i giovani di militare in un campionato “vero”, diverso dal torneo primavera, Costacurta ha ricordato la propria esperienza al Monza nella stagione 1986-87, ascrivendo a quell’annata un’importanza determinante per la propria crescita, sia dentro che fuori dal campo.
La contingenza secondo cui la prima società a fare richiesta di iscrizione della compagine under 23 sia stata la Juventus ha fatto sì che della circostanza se ne siano interessati i media nazionali. L’interesse degli organi di stampa, tuttavia è stato indirizzato più alla presenza del “brand Juventus” che alle condizioni dell’adesione al bando di cui, oggettivamente, TV, giornali e siti internet si sono occupati in maniera marginale.
La narrativa di seguito proposta ha quale scopo quello di valutare vantaggi e svantaggi che una società della massima serie può incontrare nel momento in cui decide di lanciarsi nel progetto seconda squadra, non prima di aver cercato di chiarire le modalità con cui viene stilato l’ordine di precedenza per l’ammissione al campionato di C delle compagini “under 23”.
Il primo punto da tener in considerazione è dato dalla circostanza secondo cui le seconde squadre sono ritenute dalla Federcalcio compagini “fondamentali nell’ottica di promozione del calcio giovanile”.
Il principio, così esposto, oltre che particolarmente virtuoso appare anche prettamente indirizzato ad uno scopo preciso: quello di incentivare l’impiego dei giovani calciatori all’interno di un campionato professionistico.
In realtà, basta leggere il comunicato con cui la stessa FIGC determinava le condizioni di ammissione per comprendere come l’iscrizione di una o più seconde squadre sia condizionata al “caso di vacanza di organico del campionato di serie C determinatasi all’esito delle procedure nazionali o determinatesi a seguito di provvedimento di revoca o decadenza dalla affiliazione”.
Che tradotto significa che solo in caso di mancata iscrizione di una o più delle compagini aventi diritto, con sequenziale liberazione del posto, sarà possibile l’iscrizione.
In riferimento alla stagione 2023-2024, il comunicato n 204/A del 5 giugno 2023, ha stabilito che, in caso di carenze d’organico relative al campionato di C, l’ordine con cui il numero di squadre partecipanti verrà integrato sarà il medesimo:
1) una seconda squadra di A;
2) una partecipante al campionato serie D;
3) una compagine retrocessa dal campionato di serie C nella stagione 2022-23.
Secondo queste determinazioni, pertanto, qualora vi fossero due società di A interessate ad iscrivere la seconda squadra, dovrebbero esservi almeno 4 squadre aventi diritto alla partecipazione al campionato di serie C impossibilitate ad iscriversi.
A fronte delle limitazioni di cui sopra, si rende necessaria, come anticipato, l’istituzione di una graduatoria per comprendere chi abbia la precedenza in caso i club interessati all’Under 23 risultino più d’uno. Per addivenire ad una classifica, che permetta di determinare un ordine di precedenza all’iscrizione della seconda squadra al campionato di C, la Federazione ha strutturato un meccanismo atto a stabilire un punteggio sulla base di tre ordini di parametri.
Il 40% del punteggio viene definito prendendo a parametro il numero di convocazioni di tesserati Under 21 nella nazionale maggiore,o nelle selezioni nazionali dall’Under 21 a scendere sino all’Under 15 di ogni società, con l’effetto che ad ogni calciatore convocato in seno a dette rappresentative corrisponda un coefficiente che varia a seconda del numero delle convocazioni e della selezione nazionale che lo ha convocato.
Un ulteriore 30% del punteggio viene definito sulla base del posizionamento in classifica dell’ultimo campionato di serie A
Il rimanente 30% del punteggio viene calcolato tenendo conto del numero di spettatori medio delle gare interne nell’ultimo campionato di serie A.
Ad oggi questa graduatoria non è mai stata presa in considerazione considerato come dal 2018 al 2022 l’unica squadra a partecipare al bando sia stata la Juventus e non vi sia stata necessità di stabilire quale società avesse la prevalenza.
Dalla prossima stagione alla compagine bianconera si aggiungerà l’Atalanta che, proprio ieri, ha avuto il via libera dalla FIGC a partecipare al prossimo campionato di serie C.
Qualche altro club, pur cominciando ad ammiccare all’idea, ha deciso di rinviare la propria domanda alla stagione 2024-25.
Va da sé che lo spazio che le compagini di serie C “cedono” alle seconde squadre di A, ammettendone la presenza nel loro campionato, viene in qualche modo ripagato da queste ultime.
Nell’ottica di un “do ut des”, secondo cui la società di A usufruisce della possibilità di schierare la seconda squadra (che sulla carta dovrebbe portarle dei vantaggi anche in relazione all’aumento del valore del cartellino dei propri giovani), è previsto che quest’ultima versi un contributo economico che possiamo, con un’espressione grossolana, identificare quale “risarcimento per il posto occupato”.
Nel nostro sistema calcistico l’ammontare del contributo da corrispondere varia in base al numero di squadre presenti.
Alla “tariffa fissa” pari ad Euro 720.000,00 si aggiunge un contributo pari ad Euro 480.000,00 in caso di un’unica seconda squadra. Detto contributo scende ad Euro 240.000,00 in caso di due seconde squadre ed ulteriormente ad Euro 120.000,00 in caso di tre o più seconde squadre ammesse al torneo di terza serie.
Molto si è dibattuto in merito all’opportunità delle somme di cui sopra.
Secondo alcuni i contributi previsti dalla Federazione sono troppo onerosi.
Ad una simile affermazione, sulla quale torneremo in seguito, è agevole ribattere affermando che il contributo di cui si discute non deve esser visto come una spesa bensì come un investimento.
Il tutto senza tralasciare la circostanza secondo cui l’esborso (superiore o comunque vicino al milione di Euro) riveste un peso specifico diverso a seconda che a corrisponderlo venga chiamato un club di prima fascia piuttosto che una provinciale.
Ovviamente, nell’ottica di evitare conflitti di interesse, è stato stabilito che l’Under 23 di un club di serie A possa al massimo militare in B, il che può avvenire a seguito di una promozione sul campo, senza possibilità di militanza nella massima serie.
Allo stesso modo, in caso di retrocessione della prima squadra tra i cadetti e di promozione dell’Under 23 dalla C alla B, l’Under 23 sarà giocoforza destinata a retrocedere di una categoria al fine di non creare una situazione di compresenza di due squadre facenti riferimento alla stessa società nel medesimo campionato.
Qualora invece la seconda squadra dovesse retrocedere in serie D non sarà ammessa l’iscrizione della stessa al campionato di competenza e dovrà riattivare ex novo l’iter per l’iscrizione concedibile solo in caso di carenza di organico.
In merito alle modalità di utilizzo dei calciatori in seno alla compagine Under 23, i tesserati inseriti nella distinta di volta in volta presentata non devono essere presenti nella lista dei calciatori indicati per il campionato di serie A.
Oltre a ciò, dev’essere sottolineato come non possano essere impiegati nella seconda squadra elementi che abbiano conseguito più di 50 presenze nella massima serie.
Il tutto nell’ottica di consentire più spazio possibile a calciatori “in erba”, ancora alle prese con il processo di formazione, e testarne le attitudini in un campionato vero.
Sono consentiti i passaggi di calciatori tra prima e seconda squadra, anche nella stessa stagione, purché vengano rispettate le condizioni poc’anzi indicate.
Alla luce di queste brevi e sommarie delucidazioni, ci sia permesso di esprimere alcune considerazione sul progetto seconda squadra, anche alla luce di quanto emerso in questi primi cinque anni trascorsi dall’indizione del bando.
Il primo quesito che viene naturale porsi è relativo al limite di età.
Siamo sicuri che 23 anni siano l’età giusta entro cui far ricadere i tesserati della seconda squadra?
Se è vero, come in effetti lo è, che l’esperienza nel campionato di serie C può compensare le carenze del campionato primavera, è altrettanto vero che, mantenendo il limite a 23 anni, si rischia di approdare in C dopo aver trascorso anni per l’appunto in primavera e, per l’effetto, tardare il confronto con il calcio vero.
In ossequio a quanto spiegato dalla Federazione secondo cui le seconde squadre “sono fondamentali nell’ottica di promozione del calcio giovanile”, possiamo davvero parlare di calcio giovanile quando ci imbattiamo in uomini di 23 anni?
Il campionato primavera dovrebbe abbassare di almeno un anno il limite di età (ed invece è stato, recentemente, innalzato di un anno). Allo stesso modo è auspicabile che anche le seconde squadre vedano ridotto il limite di età dei loro calciatori onde evitare che l’Under 23 rappresenti un ulteriore cuscinetto tra l’esperienza in primavera e quella in prima squadra.
La seconda squadra deve rappresentare, secondo la visione che si vuole proporre, l’ultimo stadio giovanile e contemporaneamente il primo stadio professionistico per coloro i quali abbiano qualità e caratteristiche tali da ambire ad una carriera nel calcio che conta.
Un altro elemento da considerare è quello relativo alle tempistiche entro cui valutare le risultanze (da non confondersi con i risultati) del progetto seconda squadra. Ad oggi possiamo riferirci all’unica esperienza in atto, quella della Juventus, per convenire che i primi frutti del lavoro, inteso come espressione a medio-alto livello di calciatori ivi formatisi, si siano visti a tre-quattro anni di distanza dalla formazione della compagine giovanile.
A questo punto diviene naturale porsi un ulteriore quesito.
Quante sono le società in Italia disposte ad attendere anni (e nel frattempo investire qualche milione di Euro) in nome di una seconda squadra che possa fungere da serbatoio a cui attingere?
Su quest’aspetto ruota tutta la discussione…
Quando ascoltiamo commenti sull’onerosità del contributo di partecipazione, pensiamo mai a quanto costi ad una società di serie A l’esonero di un allenatore o l’acquisto di un calciatore normale, talvolta acquisito solo per far numero?
Quando ci viene fatto notare che il tempo di attesa (tre-quattro anni) è lungo, ragioniamo su quante annate vengano gettate al vento dai nostri club per errori di programmazione, per cambiamenti improvvisi nell’organigramma tecnico, dirigenziale o societario?
Immaginare un lasso temporale standard che possa valere per tutti i club è assolutamente impossibile, in considerazione delle differenze economiche, strutturali ed anche programmatiche che li caratterizzano.
A mero titolo esemplificativo, è naturale pensare che una società di media fascia possa ritenere pronto un ragazzo al salto in prima squadra quando costui si trova in una situazione di accrescimento inferiore rispetto a tesserati di un club di prima fascia.
D’altro canto, può capitare che in corso di una stagione particolarmente sfortunata, con un elevato numero di indisponibili della prima squadra, venga chiesto a qualche componente dell’Under 23 di anticipare, se non di accelerare, il processo che lo porterà a far parte della compagine maggiore.
Da ultimo, ma non per importanza, è fondamentale comprendere quale sia l’intendimento primario dei club che porranno in essere la seconda squadra.
Le squadre di medio livello potranno promuovere i più meritevoli tra i calciatori dell’Under 23 nella rosa della prima squadra, risparmiando in termini di spese per acquisto di cartellini di altri calciatori, creando altresì uno spirito di appartenenza e di cooperazione solidale in seno al club in cui sono cresciuti.
Circostanze, queste ultime, rese ancor più impellenti dal continuo aumento dei costi per l’acquisto dei calciatori e delle provvigioni degli agenti in un mercato in cui nuovi paesi stanno emergendo quali dominatori assoluti da un punto di vista economico.
Quanto, invece, ai club di maggior blasone, destinati per inerzia e per tradizione a ricercare giocatori di nome in grado di far sognare i loro tifosi, la formazione dei ragazzi dell’under 23 potrebbe risultare un ottimo viatico per far aumentare il valore degli stessi ed, eventualmente, cederne le prestazioni ad un prezzo superiore rispetto a quello che avrebbero garantito in assenza dell’esperienza con la seconda squadra.
Prendiamo l’esempio della Juventus che, nelle ultime due stagioni, ha schierato alcuni calciatori provenienti dalla seconda squadra: non è dato, ad oggi, sapere se costoro diverranno giocatori importanti nella Juve dei prossimi anni. Una cosa è certa, però. Essi si sono imposti all’attenzione e, quand’anche non fosse in un club di prim’ordine come la Juventus, sembrano avere le carte in regola per una carriera da professionisti di tutto rispetto.
Delle due l’una, pertanto: o rimangono nella lista della prima squadra, permettendo di risparmiare risorse destinate altrimenti all’acquisto di altri calciatori o vengono ceduti ad un prezzo nel frattempo cresciuto, incassando proventi comunque utili a rimpinguare le casse sociali.
Sia nella prima che nella seconda delle ipotesi il vantaggio per la società sarà di non poco conto.
BIO: Alessio Rui è nato e vive a San Donà di Piave-VE ove svolge la professione di avvocato. Dal 2005 collabora con la Rivista “Giustizia Sportiva”, pubblicando saggi e commenti inerenti al diritto dello sport. Appassionato e studioso di tutte le discipline sportive, riconosce al calcio una forza divulgativa senza eguali. Auspica che tutti coloro che frequentano gli ambienti calcistici siano posti nella condizione di apprendere principi ed idee che, fatte proprie, possano contribuire ad una formazione basata su metodo e coerenza, senza mai risultare ostili al cambiamento
3 risposte
Investire, come correttamente dici tu, in una squadra Under 23 in Serie C, può essere una buona idea, anche se ci sono molti limiti e il risultato non necessariamente è assicurato.
Di buono sicuramente c’è che il campionato di C è molto duro e vero, per cui quell’esperienza fa sicuramente crescere. Ma personalmente ci vedo diversi problemi.
Innanzitutto il numero di squadre partecipanti. In tal senso farei 4 giorni di 18 squadre e metterei 4 squadre di Under 23 per girone (ovviamente a regime e modificando lievemente il format in funzione delle squadre di C che non si iscrivono e quelle di A che vogliono entrare).
Per renderle competitive, permetterei 3 over 23 anni ed in campo almeno 5 under 18.
Farei due classifiche separate , quindi senza possibilità di accedere alla Serie B, ma solo per decidere chi esce nell’anno successivo se vi sono in graduatoria squadre Under 23 che vogliono accedere a questo campionato.
Ciò sia tenendo presente la non sempre sopportabilità dei costi da parte delle normali squadre di Serie C, poichè è un campionato che costa non poco e non sempre sostenibile con gli introiti da stadio. e qualche piccola o media sponsorizzazione e pubblicità.
Come è oggi la formula non mi sembra molto alettante, date le minime possibilità di accesso.
Potendo, risulterebbe più produttivo comprare un club estero e partecipare in quei campionati con i propri giovani, costerebbe di più ma sembrerebbe più produttivo e senza limiti di categoria.
Comunque c’è il problema di far giocare fuori della Primavera i calciatori più promettenti e qualche soluzione va trovata. Prestare i propri giovani o in C o in B non è sempre produttivo, poichè le società di B e C società ed i loro allenatori pensano (giustamente) al risultato e spesso questi ragazzi finiscono in panchina o in tribuna superati da gente sul finire della carriera.
In tal senso basterebbe mettere l’obbligo di 3 under 19 in campo per le squadre di C che il problema, in parte, verrebbe risolto.
Un saluto.
Troppe incertezze…l’iscrizione è sempre in dubbio;come si fa ad investire in questo modo.Se retrocedi non sai cosa succede.20 squadre tra A e B (chi ci sta )formano un campionato under 21…