Mi dispiace che ci sia persi di vista. Lui si è ritirato nella sua bella San Vincenzo, sulla riviera toscana, ed è molto tempo che non ci incontriamo.
Per me comunque Nedo Sonetti resta un secondo padre, un uomo con un cuore grande e una carica di simpatia fuori dal comune benché l’apparenza burbera e i modi da colonnello – in campo – ne abbiano spesso fatta travisare l’immagine.
Resta il fatto che con le sue maniere Nedone sia un recordman di promozioni: da allenatore infatti portò il Cosenza in serie C e soprattutto Atalanta, Ascoli, Udinese, Lecce e Brescia dalla serie B alla serie A, essendo il secondo nella storia del calcio italiano insieme con Mondonico e Fascetti, alle spalle di Gigi Simoni che conquistò ben 7 promozioni dalla B alla A.
Ci siamo conosciuti 40 anni fa.
A Bergamo in quegli anni (1983-1987) guidò i nerazzurri a un piazzamento storico (8° posto, era la prima volta per l’Atalanta) mentre io mi arrabattavo nella cronaca nera al quotidiano “Bergamo Oggi”, con Vittorio Feltri direttore, Maurizio Belpietro vicedirettore e Cristiano Gatti compagno di scrivania. Smaniavo per occuparmi di sport, ma avevo poco più di 20 anni e quella poltrona era riservata ai bucanieri dell’epoca. Nacque a Zingonia l’emittente privata “Telemeridiana” grazie ai fratelli Comotti che acquisirono i diritti televisivi per trasmettere le partite della Dea il lunedì sera in differita.
Ariel Feltri, il fratello di Vittorio, mi presentò e mi furono affidate le telecronache di quella squadra eccezionale con Donadoni, Pacione, Soldà, Magrin, Agostinelli, Mutti, Adelio Moro… ai quali poi si sarebbero aggiunti tra gli altri Osti, Stromberg, Cantarutti e Simonini che fu il mattatore di uno storico 1-3 a San Siro contro l’Inter.
Subito dopo la telecronaca, correvo negli spogliatoi con l’operatore per intervistare i giocatori. Una domenica fermai Aladino Valoti (che aveva esordito quel giorno), ma lui spostò il microfono e tirò dritto. Nacque un piccolo battibecco e in settimana andai a Zingonia, dove l’Atalanta si allenava proprio di fronte alla sede della tv locale: Sonetti aveva saputo del bisticcio e mi aveva convocato, fece da paciere e riaggiustò le cose. Da quel momento la nostra frequentazione divenne assidua e l’amicizia si rinsaldò.
Lo presentai a Maurizio Mosca quando passai al mensile “SuperGol” e il ricordo di pranzi, cene e incontri con quei due matti mi fa tornare di buonumore ogni volta che ci penso. Si sfottevano a vicenda, raccontavano aneddoti per ore, Nedo prese a frequentare gli studi televisivi: lo invitammo moltissime volte a Mediaset e a Tele+2 (oggi Sky) dove ero caporedattore.
Piaceva anche ad Aldo Biscardi per le sue battute folgoranti, la sua risata ampia e rumorosa ad occhi semichiusi, la parlantina senza freni che non gli inibiva nessun giudizio, nessun commento.
Oggi va di moda la “costruzione dal basso”, immagino lo faccia trasalire visto che si vantava di aver inventato “l’attacco del portiere” alla Sambenedettese, quando aveva tra i pali Walter Zenga (“Un giorno lo presi a schiaffi”, mi raccontò, ma sono rimasti amicissimi…): si trattava del lancio lungo e immediato del n.1 al termine di un’offensiva avversaria, un contropiede che scavalcava il centrocampo con la palla che finiva sui piedi degli attaccanti. E’ tuttora l’ultimo tecnico ad aver vinto i due derby di Torino – sulla panchina granata, sia all’andata che al ritorno – credo negli ultimi 40 anni…
Oltre al suo credo e ai suoi risultati calcistici, però, l’uomo è strepitoso. Un giorno, proprio quando allenava il Torino, andai a trovarlo nel ritiro di Cavalese per assistere a un’amichevole in cui avrebbe esordito un centravanti brasiliano, Marcao, immediatamente dopo sparito dai radar.
Guardammo la partita a bordocampo con i colleghi Mino Taveri e Alessandra Ferrari, seduti con lui e al fianco del presidente Calleri e del direttore sportivo Giorgio Vitali. Dopo una mezz’oretta, riferendosi proprio a Marcao, Nedo si girò verso Calleri e Vitali e gli disse: “Oh, siete stati 15 giorni in Brasile per poi portarmi questo. Sapete che se passo un weekend a Poggibonsi, ne trovo diciotto come lui?”
C’era all’Atalanta un terzino, Pasciullo, che si esprimeva quasi esclusivamente in dialetto molisano essendo di Montemitro (Campobasso). La prima volta che Sonetti lo sentì parlare, gli fece una battuta sferzante: “Oh, te chi sei, il terzo straniero?”, visto che all’epoca se ne potevano schierare solo due. Pasciullo non capì il senso e credette che l’allenatore si riferisse al suo modo di giocare: “Lo sai che da allora si dà delle arie coi compagni che non riesco a riportarlo sulla terra?”, mi raccontò ridendo qualche tempo dopo.
Un Milan-Cagliari terminò 1-0 grazie a un rigore trasformato dai rossoneri. L’arbitro ammonì il difensore sardo Canini che non c’entrava nulla con l’azione. Sonetti, che guidava i sardi, protestò platealmente dalla panchina. A fine partita lo intervistai per Mediaset e gli chiesi conto di quelle proteste, visto che il fallo da rigore era stato evidentissimo. “L’arbitro mi ha detto che l’ha ammonito per proteste.
Gli ho gridato: allora mi deve dire che voce ha, perché io lo alleno da sei mesi e non ha mai aperto bocca”.
Un secondo schiaffo dopo quello a Zenga, lo diede a Maltagliati, prestante difensore del Torino. Lo chiamava “pennellone” perché era molto alto: “Cammina sempre guardando per terra”, mi raccontò Nedone. “Ieri mattina nella hall dell’albergo, prima di salire sul pullman per andare allo stadio, gli ho dato una pacca sulla guancia: te devi guardà in alto, devi tenere la testa dritta, devi sbranare tutti con gli occhi”.
Lo sentii tuonare al telefono, dal box dell’Atalanta nella sede del calciomercato di Assago, quando seppe che il suo pupillo, il centrocampista Andrea Agostinelli, era passato all’Avellino: “Perché non mi hai detto niente? Se l’avessi saputo ti avrei murato negli spogliatoi di Bergamo”.
Pochi lo sanno, ma sfiorò le panchine di Inter e Milan in breve tempo. Lo chiamò Ernesto Pellegrini, presidente dei nerazzurri, che fu molto sincero: “Guardi, Sonetti, abbiamo contattato Trapattoni, ma dopo aver allenato Milan e Juventus, non verrà mai da noi, quindi si tenga pronto”. Invece il Trap accettò eccome.
Poi fu la volta di Silvio Berlusconi: lo chiamò ad Arcore perché le prime settimane rossonere di Arrigo Sacchi non stavano convincendo e il Milan era appena stato eliminato malamente dalla Coppa Uefa per mano dell’Espanyol Barcellona. Alla vigilia della trasferta di campionato a Verona, Berlusconi allertò Sonetti: “Se perdiamo, da lunedì sarà lei l’allenatore”. Vinsero i rossoneri grazie a un gol di Virdis e tutto sfumò.
Nella stagione 1991-92 era senza squadra. In un weekend in cui la serie A era ferma, ci sentimmo per telefono per andare a vedere una partita di serie B. “Andiamo a vedere Brescia-Vicenza”, mi disse. “Ma no, è più divertente Bologna-Reggiana”, lo convinsi ad andare in Emilia. I rossoblù furono sconfitti in casa grazie a una doppietta di Fabrizio Ravanelli e a fine gara i giornalisti assediarono Sonetti che stava lasciando la tribuna con me: “Se salta Gigi Maifredi (che allenava il Bologna ed era sulla graticola, ndr) viene lei?”. Si sorprese: “Sono qui per caso, non fatevi dei film strani”.
Il giorno dopo mi telefonò: “Mi ha chiamato il Bologna, sto andando a firmare”.
Sabato sera. Christian Panucci squalificato, Nedo Sonetti senza panchina. Andiamo a cena con altri amici, Christian non sa che sarà presente anche Nedo. Lo vede aspettarci fuori dall’ingresso, mi stringe il braccio e mi dice: “Cacchio, ma mi porti fuori con un allenatore?”. Lo guardo: “Stai sereno”.
Finisce la cena che Panucci ha il braccio intorno al collo di Sonetti: “Se avessi lei come mister, vincerei il Pallone d’oro”. Poi gli offre un dolce, ma Nedo respinge: “No, grazie, stasera so’ ingrassato come un tribunale”.
L’ultimo aneddoto riguarda proprio il patron di questo sito, Filippo Galli: un giorno – quando giocava ancora nel Milan – andò a Coverciano dove si teneva un incontro tra allenatori e giocatori, ci incontrammo qualche tempo dopo e Filippo mi disse: “Mah, mi è parso che il tuo amico Sonetti sia un po’ borioso. Non sembra simpaticissimo”. Scossi il capo: “Non lo conosci bene, è un fenomeno”. Nel 1999-2000 Sonetti andò a sedersi sulla panchina del Brescia in serie B e trovò Galli che era il leader della squadra, con cui ottennero la promozione in A. Si è ricreduto, Filippo, e come lui tanti che hanno avuto la fortuna di incontrare Nedo e di conoscerlo a fondo. Un burbero allegro, un grande allenatore, un uomo buono. Giuro che andrò presto a trovarlo a San Vincenzo e magari scriverò la seconda puntata, anche perché in ogni caso ho un altro milione di aneddoti da raccontare…
BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.
11 risposte
Buongiorno Sign. Serafini. Ha fatto una descrizione bellissima di Mister Sonetti. Un allenatore burbero all’apparenza ma di una bontà infinita. Rappresenta la toscanita’ perfetta. Mi auguro con cuore che possa iscrivere anedotti belli , divertenti e secondo me , utili con Mister Sonetti e con altri personaggi di questo mondo meraviglioso anche se un po’ …..particolare Chissàquante ne ha dentro il sui bagaglio di esperienza. . Grazie sign Serafini .
Buongiorno Sign. Serafini. Ha fatto una descrizione bellissima di Mister Sonetti. Un allenatore burbero all’apparenza ma di una bontà infinita. Rappresenta la toscanita’ perfetta. Mi auguro con cuore che possa iscrivere anedotti belli , divertenti e secondo me , utili con Mister Sonetti e con altri personaggi di questo mondo meraviglioso anche se un po’ …..particolare Chissà quante ne ha da raccontare con il suo bagaglio di esperienza. . Grazie sign Serafini .
Grazie mille
CON TUTTI I SUOI DIFETTI ERA MEGLIO SONETTI! Così scrissero i tifosi del Brescia che l’anno dopo contestavano Mazzone. In effetti non ho mai capito perché lì e a Lecce non gli abbiano fatto fare la A dopo la promozione. A Torino fece un capolavoro, rianimò un cadavere creò morale e la squadra giocava anche, malgrado Calleri, che è stata la rovina del Toro matematicamente dimostrabile.
Se la memoria non mi inganna anche ad Udine, dopo aver portato la squadra in A (88-89) non proseguì l’esperienza nella massima serie.
Ma a volte sono scelte degli allenatori, vedi Pecchia post Cremona o Grosso post Frosinone, non sempre decisioni societarie.
Se il sig. Serafini conosce i motivi (e sono riferibili) per cui dopo aver portato l’Udinese in A non venne confermato, potrà rendercene edotti.
Alessio
Avvenne anche ad Ascoli, per lo stesso motivo: non approvò le strategie di mercato delle società
Però a Udine si spiega perchè i Pozzo in quel periodo sbarellavano, cacciarono Scoglio con la squadra terza per riprendere Fedele, poi Fedele con la squadra quarta per prendere Galeone, che in serie A non confermarono, poi assunsero Vicini per farlo dimettere e non ci riuscirono. Ad Ascoli era invece proprio prevedibile anche da fuori, infatti l’anno dopo in A fu uno stillicidio.
Sarebbe interessante sapere che cosa lo portò ad accettare l’offerta di Aliberti (che poi lo denunciò per arricchimento ingiustificato). E soprattutto di Pieroni per l’Ancona gerotocomio del 2004.
Comunque a Brescia per la A gli avrebbero comprato Srnicek, Tare e soprattutto Baggio, non penso che se ne sia andato lui perchè deluso dal mercato, mica era Ulivieri (scusate, mi è scappata, ma quando ci vuole ci vuole).
Se lo dici tu… Sonetti comunque assai meglio di Ulivieri, quanto a risultati. Conosco bene la storia di Nedo, non per sentito dire
Bravo Luca!! L’ho letto d’un fiato. Aspetto il proseguo.
Saluti
Bellissimo articolo…ricordi di un lontano calcio romantico e di uomini veri, sempre più difficili da incontrare