PROFESSIONALIZZAZIONE DEL FENOMENO SOCIALE CALCIO. LEZIONE 5: APPROCCIO AL CALCIO FEMMINILE, UN APPROCCIO GLOBALE.

Ho avuto l’opportunità di frequentare presso l’Università Cattolica di Milano alcune lezioni del Corso di “Teoria, tecnica e didattica degli sport individuali e di squadra -CALCIO-” tenuto dal Prof. Antonello Bolis e coordinato da Edgardo Zanoli.

In una serie di articoli proporrò le note raccolte in aula. Sono appunti, come mi piace definire, sparsi.

Ecco quelli relativi alla 5^ lezione svoltasi il 2 NOVEMBRE 2023 e tenuta da Aldo Nicolini allenatore della 1^ squadra del Brescia calcio femminile militante in serie B. Società che si è staccata dalla realtà maschile della città. Nicolini ha un’esperienza pluriennale in tutte le categorie dilettantistiche e professionistiche (serie A esclusa) nei ruoli di allenatore e preparatore atletico essendo laureato in Scienze Motorie.

Zanoli ricorda come il corso abbia l’obiettivo di capire quale tipo di professionalizzazione i laureati in scienze motorie possano ottenere per avere sbocchi nel mondo del calcio. Oggi abbiamo l’occasione di conoscere un mondo che potremmo definire nuovo in termini di opportunità, che può dare nuove possibilità, considerando la spinta che il calcio femminile sta avendo.

APPROCCIO AL CALCIO FEMMINILE: UN APPROCCIO GLOBALE.

Prima dell’inizio della lezione interviene Clara Gorno, Presidentessa e amministratrice unica del Brescia Calcio Femminile, a cui Zanoli chiede, in sintesi, di raccontare lo stato dell’arte.

Clara parte raccontando la sua presentazione alla stampa nel 2021: “Uno dei giornalisti in prima fila tocca con il gomito il collega vicino e chiede (rigorosamente in dialetto): “ma è lesbica?”, il collega risponde “No! E’ la moglie di Zambelli, l’ex calciatore del Brescia”. Questo per spiegare quanto ancora non si sia andati oltre rispetto a certi streotipi e pregiudizi, rimanendo legati ad un pensiero becero, retrogrado.

Clara afferma che in quell’istante ha capito di essere arrivata nel posto giusto al momento giusto.

Lo esplicita riportando alcune fasi salienti della sua vita: Nel 2007 fonda, in Africa, una Onlus che si occupa di progetti socio-sanitari, di recupero di bambini-soldato, di dare la possibilità, a chi non ne ha, di scegliere.

Torna ancora più indietro raccontando l’esperienza nel lebbrosario forse più grande dell’Africa, quando lei, una “Mzungu” (una persone dalla pelle bianca), curava con un semplice disinfettante, le enormi piaghe sul corpo di bambini e adulti colpiti dalla lebbra. Le infermiere, la maggior parte suore, vedendo una “Mzungu” prodigarsi a medicare queste persone che, nella loro cultura, sono considerate maledette da Dio, si sono convinte di doverlo fare anche loro e così hanno cominciato a collaborare e ad aiutare i malati con la convinzione di poterli guarire.

Perchè questi racconti? Perchè sono un esempio per comprendere come ognuno di noi, qualsiasi ruolo occupi, abbia il compito di lasciare migliore il proprio pezzettino di mondo rispetto a come l’ha trovato.

Lei è entrata nel mondo del calcio con questa missione. Ci dice di essere stata più volte umiliata e offesa perchè ritenuta incompetente, che l’arrivo del professionismo in serie A è una conquista ma che, ad oggi, riguarda circa duecento giocatrici di cui solo un centinaio italiane, che la serie B probabilmente non dipenderà più dalla FIGC ma dalla Lega Nazionale Dilettanti (LND)e questo sarà un passo indietro, che il movimento ha bisogno di gente che si occupi del calcio femminile, con passione ma anche con professionalità, con il rispetto per tutti i soggetti coinvolti, con un’attenzione agli aspetti umani.

Da parte sua Clara promette il massimo impegno considerando anche il fatto di essere stata eletta consigliera, rappresentante della categoria, dai suoi colleghi. Sostiene forte la coerenza tra dichiarato ed agito ed è anche per questo che, come detto, i colleghi, quasi tutti uomini, l’hanno eletta. C’è un certo riconoscimento ma ancora ritiene non ci sia la consapevolezza attorno a sè di quanto si stia facendo.

È il momento di Mister Aldo Nicolini.

Aldo ha cominciato ad allenare nei dilettanti per poi passare al professionismo rendendosi conto però come il fatto di non essere stato un giocatore professionista lo condizionasse, in termini negativi, rispetto alla possibilità di allenare nelle categorie più importanti decidendo così di virare verso il ruolo di preparatore atletico. Ruolo che lo ha portato a lavorare per la Cremonese.

Ha vissuto tanti “passaggi”, tendenze diverse. Anni dove la palestra non si poteva neanche guardare, anni successivi in cui, se non lavoravi in palestra, si diceva che il giocatore non poteva essere al meglio, si facevano tanti lavori di corse ripetute su lunghe distanze, variazioni di velocità ecc…ecc… Non rinnega niente di quanto vissuto, sperimentato ma sprona ad essere vigili, a valutare i cambiamenti, a studiare, informarsi e formarsi, essere flessibili e pronti ad accogliere le innovazioni che non significa cambiare tanto per cambiare ma vuol dire, studiare, fare proprio un pensiero, sperimentare e quindi intraprendere un percorso diverso.

Ha allenato in un certo modo: ha perfettamente chiaro, nella testa, il ricordo del secondo anno alla guida di una squadra di serie D (più di 15 anni fa) in cui iniziò a lavorare sempre meno sulle corse ripetute, sulla forza in palestra e proseguì per tutta la stagione. Il lavoro era basato quasi esclusivamente sui possessi palla e la cosa di cui si rese immediatamente conto è fu la diminuizione del numero di infortuni muscolari.

Nel corso degli anni, sviluppando conoscenze è arrivato alla convinzione che la migliore prevenzione per un calciatore sia giocare a calcio.

Nella sua prima esperienza nel calcio femminile, iniziata pochi mesi fa, non ha ancora registrato alcun infortunio muscolare (lo dice nonostante conosca la scaramanzia tipica del mondo del calcio). Lavorano in situazione, non è previsto il “lavoro a secco”. Non nasconde che alcune giocatrici gli abbiano chiesto: “Mister ma quando corriamo? Non facciamo qualche lavoro sulla corsa?”.

La sua risposta è stata netta: “Non vi serve ma se vi fa star bene, ci organizziamo e lo facciamo”. Questo perchè pensava che, da un punto di vista mentale, potesse aiutarle. Sta di fatto che dopo alcuni lavori “a secco” accompagnati da momenti di confronto con le ragazze in cui spiegava che gli obiettivi atletici potevano essere raggiunti con il lavoro situazionale, nessuna ha più richiesto un lavoro suppletivo.

Sottolinea come all’inizio del suo percorso professionale fosse molto rigido, convinto nella sua posizione rispetto all’utilità del lavoro “a secco” ma poi l’apertura, la disponibilità all’ascolto, al cambiamento, l’hanno convinto ad un approccio differente, comunque sempre in costante sviluppo e crescita.

Zanoli gli chiede come sia cambiato dal punto di vista tecnico, come affronta le gare se le squadre riescono a “star dentro la partita” ossia se abbia la sensazione che siano meno preparate oppure no.

La risposta che questo tipo di lavoro che lui definisce “globale” ti aiuta a star dentro la partita in modo migliore. Non crede nel calo fisico perchè spesso nella partita successiva a quella in cui si è detto che si sia notato un calo fisico la squadra arriva al novantesimo minuto ancora brillante. Può essere cambiata così tanto la condizione atletica in pochi giorni?? La visione, ripete, deve essere più globale e non a compartimenti separati: parte atletica, parte tecnica, parte emotiva, parte relazionale, sono tutte legate tra loro.

Sostiene che allenare con questa visione globale lo faccia sentire meglio perchè si rende conto di allenare veramente le giocatrici o il giocatore.

Tocca il tema dell’allenare per codifiche o per principi. Chiede ai corsisti se ne conoscano la differenza.

Prosegue parlando dei principi regolatori del gioco, spazio e tempo, e di come il riconoscimento della condizione numerica (superiorità, parità o inferiorità) ci aiuti a comprenderli e ci aiuti a determinare le scelte: chi, di fatto, più di tutti ci determina la scelta da compiere è l’avversario. In sintesi, se il giocatore è messo nelle condizioni di scegliere significa che si sta lavorando per principi, nel momento in cui il giocatore non sceglie significa che stiamo codificando.

La sua scelta di allenare nel calcio femminile è scaturita dal fatto che ne ha compreso l’importanza e l’occasione per verificare che lavorare in un certo modo potesse funzionare anche con le ragazze, abituate da sempre ad un lavoro differente.

Aldo commenta una slide: COME STRUTTURARE UNA SEDUTA DI ALLENAMENTO NEL CALCIO FEMMINILE (le ultime tre parole scritte in rosa). Afferma che il calcio femminile sia il calcio in rosa perchè il colore femminile è il rosa. In realtà lo dice provocando perchè poi afferma con decisione che la la seduta di allenamento è LA SEDUTA DI ALLENAMENTO… PUNTO! Non esiste calcio maschile e calcio femminile, esiste il calcio!

Dal primo giorno in cui è sceso in campo ad allenare le ragazze è sceso in campo pensando di allenare una squadra di calcio, non gli è mai venuto in mente, in maniera naturale, di pensare che stesse allenando delle ragazze. Il calcio è calcio!

È chiaro che sia necessario ragionare su alcune dinamiche che vedremo insieme.

Le situazioni di gioco sono identiche e fa un esempio di come lo abbia mostrato alle ragazze attraverso alcune clip video della fase offensiva delle partite della Primavera del Brescia della scorsa stagione (da lui allenata) e di una squadra top in ambito europeo.

Nell’azione d’attacco ha mostrato l’occupazione corretta degli spazi da parte dei giocatori chiedendo poi alle ragazze cosa ne pensassero. Se ritenessero che fosse difficile farlo da parte loro.(considerate che si stavano già allenando da diversi giorni). La risposta era stata: “si mister, difficile, noi siamo femmine, magari non ce la facciamo”. A quel punto ha mostrato alle ragazze una clip con un loro attacco in cui era chiaro come l’occupazione degli spazi fosse identica.

È chiaro che il passaggio di una donna non potrà avere la stessa forza di quello eseguito da un uomo ma quanto detto ci dimostra come il calcio sia calcio!

Da dove partiamo quando pensiamo di preparare una struttura di allenamento? La risposta spontanea che arriva dai corsisti è che si parta dal riscaldamento, dall’attivazione.

Dal gioco, dobbiamo partire dal gioco, dalla sua conoscenza, dalla sua complessità, tutto parte da lì.

Se conosco il gioco, anche se sono un preparatore atletico, posso pensare ad esercitazioni tecniche che siano funzionali a come vogliamo giocare. L’allenatore deve conoscere il gioco ma lo deve conoscere anche il preparatore atletico.

L’allenamento che definiamo classico prevede un inizio con il preparatore atletico poi subentra l’allenatore con la parte tecnica quindi quella tattica, tutto rigorosamente separato, oggi è necessario lavorare insieme, in staff. Alla prima riunione con lo staff della Prima squadra femminile il mio collega allenatore e il preparatore atletico si sono presentati con tutto il necessario per fissare la sequenza degli allenamenti. Dopo tre ore siamo usciti con qualche allenamento preparato ma non, come si faceva una volta, con mesi di lavoro già definito.

Ribadisce l’importanza che tutti debbano conoscere il gioco affinchè tutti possano essere una risorsa, a maggior ragione il preparatore atletico. Se il preparatore atletico non lavora sullo stabilire e sul fare eseguire le ripetute di corsa alle giocatrici può lavorare, ad esempio, sul pensare e preparare una parte atletica che sia più funzionale al gioco, alla partita integrandola-definendola all’interno di una partita, di un gioco di posizione o di un possesso palla. Può quindi lavorare sugli spazi, ampliandoli o stringendoli, sui tempi di durata dell’esercitazione e sui tempi di recupero.

Il preparatore è colui che, nell’esercitazione-situazione, lavora con l’allenatore, non è fuori, lavora vicino ai giocatori. Sappiamo come non sia semplice perchè siamo abituati a pensare in modo diverso ma avere questa apertura, questa visione più ampia nella costruzione dell’allenamento è un vantaggio per tutti e soprattutto lo è per le nostre giocatrici.

Un altro aspetto di cui bisogna tener conto è la comprensione del contesto: dove sono, con chi sto lavorando.

Se anche lavorassi nella stessa società per più anni consecutivi, il contesto anno dopo anno, sarebbe diverso, perchè alcune giocatrici possono cambiare, le giocatrici confermate l’anno successivo saranno differenti, lui stesso, dice, sarà diverso. Sono tutte cose che devo valutare.

Abbiamo accennato ad alcune dinamiche che differenziano le donne dagli uomini, ad esempio la velocità di spostamento, la forza nel calciare il pallone. Le donne mostrano la necessità di lavorare, dal punto di vista tecnico (anche se come detto non separiamo), in analitico e il termine MODULARE è quello che più definisce la modalità di lavoro: andiamo incontro a questa richiesta ma, nel contempo, si chiede se si stia allenando per davvero. La risposta è no!

Si aiutano le ragazze lavorando in situazioni in cui ci sono meno scelte per assecondare il loro bisogno ma dobbiamo essere consapevoli che quel gesto tecnico non lo sto allenando lì ma lo allenerò dentro al gioco, lo svilupperò dentro al gioco, quando ci sarà un avversario vero, quando le pressioni saranno di un certo tipo. Andremo certamente incontro con più frequenza all’errore e LA GESTIONE DELL’ERRORE è un tema che differisce tra uomini e donne.

Le donne rimangono di più sull’errore, lo temono, lo accusano maggiormente e quindi anche la scelta nel contesto del gioco diventa un po’ più difficile. Questa diversità va tenuta in considerazione, dobbiamo aiutarle, sostenerle. Con gli uomini la trasferibilità dell’errore (non preoccuparti se sbagli, l’errore è mio) è più immediata, con le donne non è così.

Cambia pertanto il modo di comunicare, anche quello non verbale. Anche gli aspetti che riguardano il contatto fisico non vanno sottovalutati, devono essere adeguati. A questo proposito, non possiamo dimenticare quanto accaduto recentemente con le polemiche e le successive squalifiche dovute proprio a comportamenti equivoci.

Dobbiamo prepararci perchè il lavoro nel mondo del calcio prevede anche un contatto fisico e lavorare con le donne richiede un’attenzione maggiore. Il dialogo, la conoscenza, la relazione sono aspetti fondamentali. Attraverso le loro risposte, i loro feedback possiamo meglio comprendere in che direzione dobbiamo andare: Spingere oppure rallentare nell’esplorare lo sviluppo del gioco.

Spostandoci ora sul tema delle posture legate ai gesti tecnici prendiamo come esempio il controllo aperto; la donna tende ad andare in protezione e quindi fatica ad eseguirlo. Anche questo è un aspetto che richiede dedizione, cura, per poter essere migliorato.

Ora Aldo mostra alcuni video e ricorda l’approccio globale, la complessità. Il primo video è un’esercitazione:

Portiere+7 (in fase di costruzione) vs 6 (schierate con 4 centrocampisti + 2 attaccanti). L’obiettivo dei Portiere+7 e’ imbucare il pallone in una delle porticine poste sulla metà campo. Il pensiero è quello di giocare, mantenere il possesso, costruire, guadagnare spazio in avanti, per trovare poi il momento per l’imbucata.

Qual’è il limite di questa esercitazione? Abbiamo parlato di visione globale, degli elementi essenziali del gioco (palla, avversari, compagni, spazio di gioco e direzionalità).

In effetti, seppur siano presenti tutti gli elementi del gioco, le giocatrici si stanno allenando al superamento della prima pressione e presumibilmente, ripetendo questo esercizio,nel tempo, miglioreranno questa fase ma troveranno difficoltà nello sviluppo della fase offensiva perchè l’esercitazione si conclude con l’imbucata a metà campo.

La scelta di questa esercitazione, pur consapevoli che non fosse completa (non si allena il ciclo del gioco), è stata fatta perchè l’obiettivo era capire quale fosse il grado di gestione dell’errore in una zona di campo che, per le ragazze, risulta essere più delicata.

La lezione termina con la visione di altre clip. Ciò che è interessante notare è che ciascuna clip mette in evidenza, un’idea, un pensiero, la voglia di giocare, di risolvere situazioni per guadagnare spazio, per progredire nel campo. Cosa si nota nelle clip successive rispetto a quella mostrata per prima? Si nota che viene allenato tutto il ciclo del gioco, nella sua complessità.

Si conclude con una clip della partita in cui è evidente il transfer in gara di quanto è stato allenato. Dall’aula arriva una domanda: “Le dimensioni del campo di allenamento sono le stesse del campo di gioco?”. La domanda permette a Nicolini di parlare della necessità, con le ragazze, di provare a rendere il campo un po’ più piccolo provando, quindi, a lavorare sulla densità, accorciare il passaggio, giocare corto, riaggredire l’avversario non appena si perde il possesso palla perchè ci permette di fare corse più brevi, occupare meglio lo spazio, essere più vicine e riconquistare palla per mantenere il possesso e preparare la fase offensiva.

Al termine della visione delle clip, la Presidentessa, a cui Zanoli ha chiesto come fosse stata accolta questa proposta metodologica che trova resistenze nel calcio maschile, ci dice che le ragazze l’hanno accolta con entusiasmo facilitate anche dall’apertura all’innovazione da parte della società. Approccio che non riguarda soltanto la 1^ squadra ma che viene condiviso anche nel settore giovanile.

Un’ultima domanda arriva da un corsista che chiede quale differenza ci sia tra il calcio femminile in Italia e quello in Europa. Risponde la Presidentessa che sostiene l’esistenza di una certa differenza che potrebbe essere colmata, almeno in parte, se le società professionistiche fossero obbligate, per avere la licenza Nazionale, a sviluppare un vero movimento femminile anzichè poter soddisfare le richieste della Federazione semplicemente tesserando un numero minimo di ragazze.

BIO: Aldo Nicolini 
Laureato in Scienze Motorie 
Allenatore Professionista UEFA A
Esperienze lavorative:
Brescia Calcio Femminile Serie B Allenatore
Brescia Calcio  U17, Primavera 2 Allenatore
A.C. Lumezzane Lega Pro Vice Allenatore
A.C. Lumezzane Berretti Allenatore
A.C. Crema 1908 Ecc. Allenatore
US Darfo Boario serie D Allenatore  
USD Calcio Rudianese serie D Allenatore
US Cremonese serie B Preparatore Atletico
US Cremonese serie C1 Preparatore Atletico
 

2 risposte

  1. Grazie Filippo. Appunti “sparsi”, ma completi e interessanti. Sono Claudio Dozio, amico di Olivier Chignoli e membro del Milan Club Cernobbio. Ci siamo conosciuti a vari eventi del Milan Club e al compleanno di Olivier. A giovedì per la presentazione del tuo libro

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